Cerca

logo
Banner 2
RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
20/10/2025
Tony Joe White
Uncovered
Sembra ieri, eppur son già passati quasi vent’anni: nel 2006 Tony Joe White, l'indimenticabile re dello swamp rock, pubblicava Uncovered, un album molto particolare impreziosito da alcuni ospiti illustri.

La musica di Tony Joe White, cantante e chitarrista statunitense scomparso a settantacinque anni nel 2018, è sempre stata un geniale miscuglio di umori, stili e generi. Conquistava ineffabilmente per quel fascino sudista, per i suoni accattivanti, con swamp, funk e soul pronti a intrecciarsi dopo essersi immersi nella sorgente del blues.

Questo suo timbro tipico, unico, caratterizza anche l’uscita del 2006 Uncovered, album di dieci brani, sei dei quali inediti. Sono quattro, infatti, i rifacimenti di suoi standard: “Did Somebody Make a Fool Out of You”, “Rebellion”, “Rainy Night in Georgia” e “Taking the Midnight Train”.

Risalta lo stile inconfondibile da rocker sudista del musicista, sorta di swamp rock torrido e umido, nato nelle paludi della Louisiana, contraddistinto dalla “whomper stomper guitar”. Le sue ballate nascono tutte alla stessa maniera, con la medesima, unica ma originale impostazione, un vero marchio di fabbrica.

 

Le caratteristiche principali sono lo swamp box della sua chitarra, i riff ipnotici delle canzoni, la voce baritonale, bassa, gutturale e cavernosa, il tocco vellutato dell'armonica, un basso e una batteria come uno stantuffo senza soste. In Uncovered brillano alcune star ospiti: nella già citata “Did Somebody Make a Fool Out of You”, gioiellino del 1973 apparso originariamente in Homemade Ice Cream, Eric Clapton canta e, ovviamente, ci mette la sua sei corde. J.J. Cale, a quell’epoca davvero instancabile, compone insieme a Tony Joe “Louvelda” e incide alcune parti di chitarra. E, visti i nomi degli special guest, non poteva mancare il “fratellino” Mark Knopfler, uno che deve molto musicalmente a questi tre artisti, perfettamente a suo agio in “Not One Bad Thought”, brano in cui White racconta di essere il settimo figlio di una famiglia, con la madre di origine Cherokee, una donna “con un sorriso stampato sul suo viso e mai un cattivo pensiero”.

«Usavo una Stratocaster sin dai tempi in Texas, ma Waylon ed io eravamo diventati buoni amici da quando mi ero trasferito a Nashville. Era uno dei sostenitori miei e del mio genere musicale. Un giorno venne a casa mia con la sua vecchia Cadillac e mi chiese: “Suoni una Stratocaster, vero? Io le odio”, (Ride). Ovviamente lui suona le Telecaster. Aprì il bagagliaio della sua auto, dove c'era una Stratocaster del 1958, e mi disse: “Voglio lasciarti questa, perché a me non piacciono proprio”. Ce l'ho ancora nel mio studio. Suona benissimo, ma è troppo preziosa per portarla in tour. Provai a non accettare quel regalo: “Non posso prenderla, ma sai quanto vale?”. E lui rispose: “Non me ne frega niente del prezzo. Se non la vuoi, la metto davanti a questa Cadillac e la schiaccio”. Così è diventata mia». (Estratto da intervista di Les Thomas a Tony Joe White per unpaved.com, 2015).

 

“Shakin’ the Blues” vede una delle ultime incisioni in assoluto del leggendario “outlaw” Waylon Jennings (deceduto nel 2002), in un motivo scritto da lui stesso, ove si percepisce l’incredibile sintonia, la grande empatia non solo artistica tra questi due personaggi.

Le pregevoli ospitate non sono finite qui. “Baby, Don’t Look Down” è co-firmata da Tony Joe e l’istrionico Michael McDonald, uno dei pilastri dei Doobie Brothers (oltre a una carriera solista di grande successo), il quale duetta con il Nostro e canta alcune strofe in solitaria.

 

“Rain falling down

Fells like trouble

Here I am, baby

You should have run for cover”

("Run for Cover")

 

Anche le altre nuove composizioni di White sono sicuramente riuscite, dall’iniziale, conturbante, a suo modo romantica “Run for Cover” alla conclusiva “Keeper of the Fire”, ode a una donna forte, amabile e selvaggia, regina della natura e, come narra il titolo, metaforicamente “custode del fuoco”.

Uncovered si rivela un disco ineccepibile, con la ciliegina sulla torta dello splendido remake di “Rainy Night in Georgia”, di cui è d’uopo ricordare una magistrale versione portata alla celebrità da Brook Benton ormai cinquantacinque anni fa. Il “Sultano dello swamp rock”, storico autore di “Polk Salad Annie” e, negli Ottanta, delle hit di Tina Turner “Steamy Windows” e “Undercover Agent for the Blues”, lascia così il suo segno pure nel nuovo secolo. Un’eredità pesante, la sua, fortunatamente presa a cuore da artisti e gruppi del calibro di Susan Tedeschi, Foo Fighters e Robert Cray.

Quest'ultimo ha coinvolto White nel suo album del 2017 Robert Cray & Hi Rhythm, proponendo versioni intense dei brani composti da White Aspen, Colorado” e “Don't Steal My Love”. Inoltre, nel successivo That's What I Heard (2020), il chitarrista nato in Georgia, a Columbus, rende omaggio al suo vecchio amico con la struggente “To Be With You”. È un'esibizione sentita, con il delicato accompagnamento della sei corde di Cray a creare un'atmosfera suggestiva. “If I could do anything, I would do everything for you. If I could go anywhere, the place I’d be is right here with you”, canta Robert, prima che la ballata culmini in un assolo che raggiunge il cielo. Emozionante.

 

«Ho avuto il grande piacere di lavorare con Tony Joe, e di vedere e sentire la sua anima. White e la sua musica sono così sinceri e sentiti. Ancora una volta, attraverso di lui, mi viene ricordato che bisogna liberarsi dai propri pregiudizi quando si scrive, o qualunque cosa si faccia. Questo mi piaceva di Tony». (Estratto da articolo di Joseph Hudak per rollingstone.com, 2020).