Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Untitled 8 (Popplagio’)
Sigur Ros
2002  (FatCat Records)
ALTERNATIVE
all TRACKS
16/10/2018
Sigur Ros
Untitled 8 (Popplagio’)
Una scarica elettrica nel finale è tutto ciò che resta nelle nostre orecchie. Evaporati per sempre.

( ) è un titolo tanto inusuale quanto folgorante. Già, il terzo disco degli islandesi Sigur Ros si intitola proprio così: parentesi aperta, parentesi chiusa. Come riempire il vuoto tra quelle due parentesi probabilmente spetta all’ascoltatore. Lì dentro, ad esempio, ci potrebbero stare i trentasei secondi di silenzio che dividono l’album in due parti, quattro canzoni per ognuna delle due ipotetiche facciate. Oppure, tra parentesi ci si può mettere tutto quello che non riusciamo a spiegare di questa musica ricca di sottintesi e di elusioni, a partire dall’hopelandic o vonlenska, la lingua inventata di sana pianta da Jonsi, con cui vengono cantati tutti brani che compongono la scaletta dell’album. O, ancora, in quelle parentesi ci siamo noi, il nostro vissuto e la nostra sensibilità, con i quali diamo un senso alla musica che ci circonda.

Non è un caso che la band, alla pubblicazione dell’album, fece un sondaggio sul proprio sito per chiedere ai fan il nome da dare alle canzoni, tutte senza titolo, a seconda delle emozioni che suscitavano. The Brackets Album (come è anche chiamato l’album in inglese) è un disco che si discosta dai due precedenti (Von del 1997 e Agaetis Byrjun del 1999) per un andamento più lineare e un suono decisamente minimal. I Sigur Ros hanno affermato in numerose interviste che la prima parte del disco è più solare e ottimistica, mentre la seconda, invece, più oscura e malinconica.

Difficile, però, trovare nelle otto canzoni momenti realmente rilassati: il sole si intuisce solo a barbagli e la musica evoca semmai la spiritualità della terra d’Islanda, solitudini infinite, ghiacciai perenni, strade perse nel nulla, il mare che incombe sotto cieli carichi di presagi. Le canzoni, dicevamo, non hanno un titolo, che comunque è stato poi convenzionalmente dato dai componenti della band per riferirsi con più facilità ai diversi brani.

Untitled 8 è stata chiamata Popplaggio’, la canzone pop; tuttavia, le suggestioni che evoca spingerebbero a pensare che il titolo più giusto sia quello attribuito a Untitled 7, e cioè Dauðalagið, la canzone della morte. E dal momento che il testo è in vonlenska e che quindi non ha alcun significato, l’interpretazione è assolutamente libera.

L'incedere iniziale, lento e dolcissimo, introduce uno sguardo nostalgico sull’esistenza, sul passato, gli amori, gli errori commessi e i ricordi più dolci. E’ una sospensione, il tempo concesso per guardarsi indietro a fare un bilancio sereno sulla vita vissuta. Poi, la musica ha un'esitazione, come se il cuore si fermasse e la materia sfumasse lentamente in un’impalpabile caligine. Un crescendo di tamburi e le voci dell'aldilà iniziano a chiamare. L'atmosfera si fa livida, la voce di Jonsi si trasforma in un lamento, in una mesta invocazione, in un ultimo disperato tentativo di trattenere il mondo circostante, che lentamente sfuma nel buio. Ancora un arpeggio di chitarra, ancora un lamento e, quindi, ecco il trapasso, con la musica in crescendo che incombe tesa, potente e oscura, come le tenebre che spengono la luce e conducono in un aldilà, che sarà abisso o redenzione.

Una scarica elettrica nel finale è tutto ciò che resta nelle nostre orecchie. Evaporati per sempre.