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REVIEWSLE RECENSIONI
22/05/2025
Sandness
Vertigo
I Sandness sono italiani ma posseggono un suono internazionale, maturo e sfacciatamente rock. “Vertigo” è il loro quinto album e annuncia l’inizio di una nuova e rinnovata fase per l’ardito terzetto.
di Iputrap

Di questi ragazzi avevamo già parlato recentemente in una presentazione del nuovo album Vertigo, che fungeva anche da recap per la storia di un terzetto che, per le sue qualità, è ancora troppo poco conosciuto e apprezzato. Sarà che sono italiani ma non suonano in salsa mediterranea, proponendo invece un sound veracemente hard rock, dove gli anni Settanta e Ottanta si incontrano, grazie a tanti piacevolissimi riferimenti britannici e americani, con qualche piccola aggiunta di immediatezza power pop/punk.

Fuori i nomi dunque: Bon Jovi, Green Day, D-A-D, The Darkness e potremmo continuare a oscillare tra decenni diversi senza il timore di sbagliare. Ma i Sandness hanno forgiato la loro identità precisa e che in questo quinto lavoro in studio viene ulteriormente approfondita. Il chitarrista Robby si è trasferito in Germania ma la volontà di proseguire l’avventura della band è stata più forte di tutto, spingendo però il gruppo a modificare tante piccole cose, e maturare velocemente.

 

In questo disco i Sandness decidono dunque di cambiare tutto: lo studio di registrazione, il produttore, il disegnatore per la copertina e pure il modo di comporre i brani. Un salto nel vuoto ma con una rete ben salda sotto, perché il risultato finale non è uno stravolgimento insensato di una formula riuscita, bensì un arricchimento che trasforma questi dieci nuovi pezzi in qualcosa di diverso, più profondo ma sempre divertente e scanzonato, ma mai banale o vuoto.

Fin dalla copertina, Vertigo possiede un’aura più oscura e notturna, ma non dimentica quel sano spirito rock’n roll che bagna tutte le dieci tracce, brevi, intense e da vivere con un volume molto, molto alto. La ricetta vincente sembra semplice, ma non lo è, perché la forza del disco è quella di spingere al riascolto in loop e di non stancare l’ascoltatore, anche se non inventa nulla, ma lo fa con gusto e sapienza.

 

Tante lodi anche alla produzione del guru Alessandro Del Vecchio, che asciuga il suono e lo rende comunque fresco, ricco e sfaccettato, riuscendo anche a piazzare un paio di svisate di hammond belle ruggenti, ma soprattutto a dare un impatto pieno e soddisfacente alla sezione ritmica, insieme a una cura maniacale nella gestione dei cori e completando il tutto con sfiziosi riff di chitarra, che ci portano nel meglio degli anni settanta.

Nulla di nostalgico però, perché i Sandness del 2025 suonano attuali, moderni ma anche vintage, senza però quella fastidiosa patina di polvere, che qui non è presente. In sostanza, un album compatto, omogeneo e non ripetitivo, che si pregia di scintillare e ammiccare per trentaquattro minuti di musica sontuosa. E schiaccia di nuovo il tasto “play, grazie!