Non ci eravamo lasciati benissimo con gli Alter Bridge. L’ultima prova in studio, The Last Hero, risalente al 2016, ci aveva fatto storcere il naso. Quel disco, infatti, suonava un po' bolso e privo d’ispirazione, eccessivamente pompato nei suoni e virato in modo spudorato verso il mainstream. Non una prova indecente, per carità, ma di certo non all’altezza della fama del gruppo.
Dopo di che, è stato il sciogliete le fila, compensato da due dischi live in due anni (Live At 02 Arena del 2017 e Live At The Royal Albert Hall del 2018), entrambi ottimi, e seguito dagli impegni dei due leader: Mike Tremonti è tornato a picchiare duro con la sua band (A Dying Machine del 2018) mentre Myles Kennedy a consolidare il sodalizio con Slash e a sfornare il suo primo album solista, l’inusuale e fascinoso Year Of The Tiger (2018).
A distanza di tre anni, gli Alter Bridge si ripresentano con un nuovo album, il sesto in studio, che fortunatamente è di gran lunga migliore del suo predecessore e ripropone una band in splendida forma. E’ cambiato il modo di collaborare, dal momento che sia Tremonti che Kennedy hanno lavorato su materiale scritto in proprio e poi, al momento della registrazione, condiviso col resto della band. Un metodo più complesso, probabilmente, ma più in linea con i tanti impegni dei due leader. E se il dubbio poteva essere quello di un disco meno omogeneo e più altalenante, visto il diverso approccio musicale di Tremonti e Kennedy, in realtà Walk The Sky risulta un disco compatto e omogeneo, tanto nel suono quanto nella qualità delle canzoni.
Michael Elvis Baskette, chiamato nuovamente in veste di produttore, questa volta ha fatto un buon lavoro, evitando di calcare troppo la mano, come aveva fatto nel precedente lavoro, e la band sembra più in palla e agguerrita che mai.
Come sempre nelle canzoni degli Alter Bridge convivono due anime: quella di Tremonti, votata al metallo più duro, e quella di Kennedy, che possiede un indubbio gusto per la melodia. Ecco allora i riff micidiali di Forever Falling e Native Son, compensate dal taglio quasi AOR di Godspeed e dalle sontuose linee vocali dell’eccellente Better End, uno dei brani più riusciti del disco grazie a un andamento intricato e a un ritornello acchiappone.
Insomma, il giochino stavolta riesce molto bene, e i riff tonitruanti del chitarrista si fondono alla perfezione e bilanciano le numerose aperture melodiche. Agli amanti delle sonorità più estreme potrà sembrare che il tiro di certi brani venga un po' abbassato dal ricorso a ritornelli di facile presa, e forse un po' è vero; ma il pacchetto Alter Bridge è questo, prendere o lasciare. E Walk The Sky è un signor disco, tra i migliori della band di Orlando.