Brano che apre il suo quarto album in studio, The Chase, We Shall Be Free fu scritta da Garth Brooks, insieme alla cantautrice originaria di Nashville, Stephanie Davis, colpito profondamente dai disordini avvenuti a Los Angeles nel 1992. In quel momento, il cantante country era in città per gli ACM Awards e si trovò ad assistere in televisione agli scontri tra polizia e cittadini, che portarono al selvaggio pestaggio di Rodney King, un tassista afroamericano, avvenuto per mano della polizia.
La canzone parla di un uomo comune che immagina di vivere in un mondo pacifico, dove gli esseri umani sono liberi di amarsi l'un l'altro senza barriere di classe, razza, religione o orientamento sessuale. Un testo splendido, ispirato alla pace e all’amore, alla visione di un mondo senza più barriere e guerre, in cui tutti vivono in armonia con la natura.
“Quando l'ultima cosa che notiamo è il colore della pelle
E la prima cosa che cerchiamo è la bellezza interiore
Quando i cieli e gli oceani saranno di nuovo puliti
Allora saremo liberi
Saremo liberi, saremo liberi
Stai dritto e cammina fiero
Perché saremo liberi
Quando siamo liberi di amare chiunque scegliamo
Quando questo mondo sarà abbastanza grande per tutti i diversi punti di vista”
Un messaggio che dovrebbe aprire il cuore alla gioia di vivere e alla tolleranza. E invece… Invece, il testo scatenò un vero e proprio putiferio nei circoli ultraconservatori di Nashville e, in genere, fra molti appassionati di country, che si sentirono offesi dall’esplicita difesa dei diritti dei gay contenuta nel verso:
“Perché saremo liberi
Quando siamo liberi di amare chiunque scegliamo”
Di conseguenza, molte stazioni radio si rifiutarono di trasmetterlo, e Brooks, per la prima volta, perse la Top 10 della classifica nazionale (raggiungendo solo la piazza numero 12).
Brooks ci rimase malissimo, non certo per il minor successo commerciale, ma perché credeva davvero nel suo messaggio di pace universale. D’altra parte, il cantante era diventato papà per la prima volta di sua figlia Taylor, e il suo nuovo ruolo di genitore gli aveva dato la spinta per iniziare a cantare del mondo in cui avrebbe voluto veder cresce i suoi figli.
L’avversione nei confronti di We Shall Be Free lo colpì così profondamente che tornò spesso sull’argomento. In un intervista alla rivista Rolling Stone, rilasciata nel 1993, disse: “Mi sento male ogni volta che qualcuno tira fuori l'aspetto cristiano contro 'We Shall Be Free. Ed essere chiamati Bruto e Giuda, ogni genere di cose, fa davvero male. Credo che Dio esista. Credo nella Bibbia. Ma non riesco a capire che amare qualcuno sia un peccato."
E ancora, per l’uscita della sua seconda compilation, The Hits, Brooks, a proposito della canzone, disse: "We Shall Be Free è chiaramente la canzone più controversa che abbia mai scritto. Una canzone d'amore, una canzone di tolleranza da parte di qualcuno che afferma di non essere un profeta, ma un uomo normale. Non avrei mai pensato che ci sarebbero stati problemi con questa canzone. A volte le strade che prendiamo non si rivelano essere le strade che avevamo immaginato. Tutto quello che posso dire su We Shall Be Free è questo: sosterrò ogni verso di questa canzone finché vivrò.”
In realtà, non era la prima volta che Brooks dovette affrontare una reazione negativa per le sue opinioni socialmente consapevoli. Due anni prima, The Nashville Network aveva bandito il suo video musicale per The Thunder Rolls, una canzone che condannava la violenza sulle donne e in cui il cantante vestiva i panni di un marito violento e donnaiolo, che viene ucciso dalla moglie maltrattata.
Il video musicale, che ha vinto il premio Video dell'anno agli Academy of Country Music Awards del 1993, fu diretto da Timothy Miller, che alternò a scene di povertà e disordini, le foto di alcune celebrità, quali Reba McEntire, Michael W. Smith, Amy Grant, Julio Iglesias, Paula Abdul e Michael Bolton, che si resero disponibili a condividere il messaggio di fratellanza lanciato da Brooks.