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REVIEWSLE RECENSIONI
06/08/2017
Margo Price
Weakness
Niente di nuovo rispetto a quello che già conoscevamo della Price, ma la conferma che se il movimento country cercava una nuova stella, ebbene, l’ha senza dubbio trovata.

Stanno andando incredibilmente veloci le cose, per Margo Price. Figlia di quel Midwest che onora nel titolo del suo album d’esordio, Margo è cresciuta con la musica intorno, suonando e cantando in chiesa, e seguendo le gesta del prozio, Bobby Fisher, una delle penne più attive nel circuito country nashvilliano. Leader dei Buffalo Clover, band fondata con il marito, Jeremy Ivey, e poi alla corte di Sturgill Simpson e Marty Stuart, che l’hanno voluta al loro fianco grazie a delle doti vocali sopraffine, la Price di gavetta ne ha fatta tanta. Fino a quando, Jack White, uno che ha spesso lo sguardo lungo, l’ha presa sotto l’ala protettrice della Third Man Records e le ha fatto pubblicare Midwest Farmer’s Daughter, sotto la supervisione di Matt Ross-Spang. Un esordio tanto convincente che l’autorevole rivista Fader ha definito la Price la stella più luminosa del nuovo firmamento country, così come Pitchfork, Rolling Stone e Npr Music hanno speso fiumi d’inchiostro per elogiarne il talento. Vanno così veloci le cose per Margo, che a pochi mesi dall’uscita dell’album si era già aggiudicata l’Ameripolitan Music Award del 2016, per la sezione Honky Tonk Female. Midwest Farmer’s Daugther, non ci sono dubbi al proposito, era un gran bel disco di roots music, vibrante, genuino, attraversato da una freschezza di scrittura che, pur rimanendo in parte legata ai canoni del country nashvilliano (il disco però è stato registrato ai Sun Studios di Memphis), ne superava in agilità le svenevolezze ed era capace, in sintonia con la tradizione outlaw, di operare interessanti commistioni con altri generi. La nuova Loretta Lynn (mai appellativo risulta così azzeccato), esce oggi con una prova sul breve, un Ep di quattro canzoni dal titolo Weakness. Niente di nuovo rispetto a quello che già conoscevamo della Price, ma la conferma che se il movimento country cercava una nuova stella, ebbene, l’ha senza dubbio trovata. La title track è un irresistibile boogie, suonato con la consueta, spumeggiante energia. La successiva Just Like Love, co-firmata dal marito Jeremy Ivey, testimonia di una penna incisiva anche quando c’è da misurarsi con la ballata e il romanticismo. Decisamente riuscito è anche il country pop conclusivo di Good Luck, dedicato al compianto batterista Ben Eyestone, deceduto il mese scorso: grande ritornello e brano che chiama ripetuti ascolti. Il colpo del fuoriclasse, però, arriva con Paper Cowboy, scritta da Matt Gardner: sei minuti che prendono le mosse da una morbida lap steel, come nel più classico country nashvilliano, per trasformarsi poi in una travolgente guitar jam. Un numero che conferma l’originalità di una delle artiste più interessanti e innovative del roots a stelle e strisce. In attesa del prossimo full lenght, che dovrebbe uscire il prossimo anno.