Il nome di Gaz Coombes suscita immediatamente ricordi legati al passato. Lui è stato il leader dei Supergrass, band che pubblicò nel lontano 1995 I Should Coco, uno dei dischi simbolo dell’era brit pop, compendio di pop punk scanzonato e citazionismo sitxies.
Quell'album, trainato da Alright, un inno generazionale alla leggerezza per tutti coloro che ai tempi avevano vent'anni o giù di lì, fece schizzare I Shoul Coco in vetta alle classifiche inglesi, regalando ai Supergrass un posto nei manuali di storia. Una carriera protrattasi, tra alti e bassi, per circa quindici anni, fino allo scioglimento avvenuto nel 2010, quando ormai il fondo del barile dell’ispirazione era stato completamente raschiato.
Gaz Coombes, però, ha continuato a sfornare dischi, prima con il progetto estemporaneo degli Hot Rats, poi, in solitaria, deviando progressivamente il corso della propria musica dai gloriosi fasti nineties.
Da cazzone qual era, oggi Coombes è divenuto un musicista maturo, che, disco dopo disco, ha acquisito una consapevolezza e uno stile personalissimo.
World’s Strongest Man (ironica la contrapposizione fra la cover dell’album e il nome della celebre competizione di atletica pesante) sviluppa e perfeziona le trame sonore contenute nel precedente Matador (2015), ed è il vertice discografico di un ex enfante prodige del brit pop, che, oggi, superati i quaranta, imbastisce, con un filo di malinconia e spiccioli di teatralità, la trama policroma del suo (adult) pop.
Elettronica calda, un pizzico di soul, palpiti notturni, soundscapes in chiaroscuro, barbagli misurati di rock (l’incedere ansiogeno e le chitarre di Deep Pockets) e tante, tante idee. Alcune, a essere sinceri, non proprio nuove di zecca. Ma quel che conta in World’s Strongest Man, più che l'originalità, che poi non è necessariamente sinonimo di qualità, sono le canzoni. E di grandi canzoni, Coombes, ce ne regala alcune, belle oltre ogni nostra più lusinghiera aspettativa. Il funky rallentato di Walk The Walk, con quei coretti alla Bee Gees, le atmosfere fluttuanti di Slow Motion Life, la grazia acustica di Oxygene Mask, i languori onirici di Shit (I’ve Done It Again) sono le gemme cristalline di un songwriting capace di portare nuova luce a un suono, forse risaputo, ma raramente così avvolgente e brillante.
Echi di Black Rebel Motorcycle Club (Deep Pockets), di Daft Punk (Shit) e una sorta di semplificazione concettuale di quello che i Radiohead fanno da tempo (la title track e In Waves) sono citazioni che la bella voce di Coombes riveste di nostalgica familiarità. Tanto da costringerci ad ascolti compulsivi dettati da sincera e irrefrenabile brama. Tanto da essere disposto a scommettere una birra, con chiunque accetti la sfida, che a fine anno World's Strongest Man sarà nelle top ten di tutte le classifiche del 2018. Andata?