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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
02/03/2024
Live Report
Giorgio Canali & Rossofuoco, 01/03/2024, Arci Bellezza
Quello al Bellezza di ieri sera è stato uno dei concerti più belli di Giorgio Canali & Rossofuoco. Sarà la scelta della scaletta di pezzi solo nuovi, sarà che hanno suonato davvero da dio, ma se ne esce davvero contenti e frastornati, ringraziando ancora una volta per artisti come lui.

Ad un certo punto qualcuno gli grida: “Sei più in forma di Ferretti!” e lui risponde: “Certo che sì, lui ha cinque anni più di me!”. E poi, come diventato serio per un attimo: “Guardate che alla mia età cinque anni non sono mica pochi! È un miracolo essere ancora qui sul palco e stare bene, a 66 anni!”. Nonostante qualche malizioso: “Dov’è Scanzi?” gridato ad inizio serata, non è proprio il caso di etichettare questo concerto di Giorgio Canali, il primo a Milano dopo l’uscita del nuovo album, come “l’alternativa” alla reunion berlinese dei CCCP: non solo perché i C.S.I. in cui lui ha militato nascono in perfetta continuità con il progetto precedente (basti vedere la “Depressione caspica” con cui hanno aperto le tre serate all’Astra Kulturhaus), ma soprattutto perché Canali non è mai stato uno da cercarsi sterili polemiche, soprattutto quando si tratta di colleghi.

Questa sera l’Arci Bellezza è sold out, esattamente come un anno fa, quando ci fu l’ultimo passaggio dei Rossofuoco da queste parti e il pubblico, anziano ma neanche troppo, è quello solito, che lo segue ovunque vada, fedele ed immutabile esattamente come la proposta musicale del loro beniamino. E può anche darsi che alcuni siano anche reduci di Berlino, chi lo sa.

 

L’era del Covid è passata, ma alcune delle canzoni nate in quel periodo sono ancora in scaletta: prima di “Nell’aria” Giorgio ci tiene a ribadire che: “Quattro anni fa mi davano del fascista, per questa canzone”; e se anche, a parere di chi scrive, certe derive erano senza dubbio esagerate, ascoltando nuovamente le parole di uno dei brani più ispirati di Venti, viene da pensare che sull’atteggiamento generale con cui da più parti, istituzioni ed opinione pubblica, si è affrontata la pandemia, un po’ ci avesse preso.

Adesso c’è un nuovo disco da promuovere, che si chiama Pericolo giallo (ne abbiamo parlato qui) e che si diverte a giocare con le contraddizioni e i cortocircuiti ideologici di una certa sinistra, che di fronte alla guerra in Ucraina sembra aver abbandonato del tutto le proprie stabili categorie di pensiero. In più, il consueto discorso sulla Resistenza, che da concetto permanente e universale è stata ormai cristallizzata in uno storicismo sempre più posticcio (non a caso racconta divertito che “Morire per niente”, una delle tracce più forti di questo lavoro, era stata scritta in vista di una compilation per le celebrazioni del 25 aprile e che, “ovviamente gli organizzatori ci hanno rimbalzato!”).

 

È scomodo, Giorgio Canali, e sarebbe fin troppo facile e scontato sostenere di non essere d’accordo con lui su certi temi; tuttavia non si può ignorare che sia uno dei pochi, nel nostro paese, ad avere il coraggio di esternare liberamente le proprie convinzioni, senza uniformarsi ad un politically correct sempre più imperante.

In ogni caso, non fa mai male ribadirlo, a noi interessa la musica: e Pericolo giallo è ancora una volta un gran disco, che pur non spostandosi di un centimetro dalla formula a cui ci ha da sempre abituato, mantiene alto il livello qualitativo in ogni brano; se le cose stanno così, non vedo perché dovremmo andare a guardare da un’altra parte.

 

I Rossofuoco sono sempre loro, la formazione a quattro che è stabile da anni, che incide i dischi e fa i concerti: Stewie Dal Col alla chitarra, Marco Greco al basso e Luca Martelli alla batteria sono ormai una presenza costante ma attenzione a darlo per scontato: negli ultimi tempi la loro intesa è migliorata, hanno imparato ad andare di più insieme, strutturano meglio brani e scalette, e la resa globale ne ha sicuramente beneficiato. Lo scazzo ed una certa voglia di buttarla in caciara adesso non ci sono più; si divertono sempre, si prendono sempre amabilmente per il culo tra un pezzo e l’altro, ma sono diventati molto più precisi, curano tantissimo i dettagli e danno il meglio soprattutto quando le atmosfere sono più cupe e pesanti, quando rallentano ed entra una certa dose di psichedelia, mista ad una Wave che la chitarra di Dal Col (sempre monumentale, occorre dirlo) pare riemergere direttamente dai tempi dei Frigidaire Tango. Sarà per questo che brani come “A occhi chiusi”, “Cosmetico” e “Quando si spegne il sole” risultano tra i migliori della serata.

Ed è una serata all’insegna del materiale nuovo, con Pericolo giallo che viene suonato quasi interamente e che anche in sede live si dimostra un lavoro notevole, coeso e decisamente scuro, nonostante la parola “sole” compaia in ciascuno dei dodici testi. Se aggiungiamo che anche da Venti sono arrivate alcune cartucce potenti (“Morire perché”, “Wounded Knee”, la già citata “Nell’aria”) ne risulta un concerto che si è mosso parecchio sul mid tempo e che ha concesso leggermente meno agli assalti frontali (anche se una “Undici” sempre meravigliosa e la solita devastante “Mostri sotto al letto” hanno fatto come al solito la loro parte, mettendo in evidenza una volta di più che razza di batterista sia Luca Martelli).

 

I classici in scaletta sono pochi, quasi nulli, ed è una scelta precisa di Giorgio, che verso la fine sbotta (divertito o incazzato non si capisce, io propendo per entrambe le ipotesi) verso i soliti che continuano a chiedere a gran voce i soliti titoli: “Con tutte le canzoni che abbiamo scritto, sempre “Precipito” e “Nuvole senza Messico” ci chiedete! E invece le abbiamo tolte dalla scaletta e anche stasera non le faremo!”.

Non è sempre così rigido, dipende dalle serate, però è vero che questa volta, fatta eccezione per una tiratissima “Ci sarà” e per una “Nostra signora della dinamite” lenta e cupissima, dal materiale più vecchio e celebrato non arriva altro. È una scelta che condivido fino in fondo: quasi mai ci si rende conto di quanto possa essere noioso per un artista suonare i soliti pezzi sera dopo sera per accontentare il proprio pubblico quando poi, anche solo per un motivo puramente fisiologico, i brani più recenti dovrebbero essere quelli di cui un autore è più soddisfatto e a cui è più attaccato in quel dato momento. Soprattutto da uno come lui, che la stragrande maggioranza di noi ha visto decine e decine di volte, credo sia sacrosanto accettare che faccia quello che stracazzo vuole.

 

E dunque lasciatemi dire che, a memoria, questo è stato per me uno dei suoi concerti più belli. Sarà che non lo vedevo da più di due anni, sarà che gli ultimi due dischi mi sono piaciuti tantissimo, sarà che un brano come “Rotolacampo” lo considero uno dei migliori che abbia mai scritto, che dal vivo mi emoziona sempre e che in  chiusura, in versione full band, riesce ad essere ancora più suggestivo (che cos’è, se non il grido accorato di un uomo che, dietro a tutte le maschere e le immagini costruite, è felice di vivere la propria vita e chiede che questo desiderio che si porta dentro non finisca?); sarà per tutto questo, sarà che adesso suonano veramente da dio, ma io questa sera, dall’ennesimo concerto di Giorgio Canali e Rossofuoco, sono uscito veramente contento e frastornato.

Dio benedica gli artisti come lui, perché l’arte è diversa dal commercio e sono proprio quelli come lui che ci rendono ben chiara la differenza.