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REVIEWSLE RECENSIONI
12/11/2020
PUP
This Place Sucks Ass EP
Dalle registrazioni dell’ultimo acclamato album dei PUP erano rimaste fuori una manciata di canzoni e qualche nuova idea, scartate perché erano troppo folli… per un album che fantasticava sull’esplosione del mondo. E se questa non è la premessa per un EP da ascoltare immediatamente, non so quale altra potrebbe esserlo.

Frustrati, tesi, incazzati, disincantati, paranoici e continuamente sull’orlo di un esaurimento nervoso, ma con una leggerezza ironica, cinica e permeata di black humor tale da far ballare e cantare ridendo istericamente anche durante un’apocalisse. Questi sono i PUP. E visto che il 2020 ad un’apocalisse ci assomiglia molto, i quattro ragazzi di Toronto non potevano pubblicare una colonna sonora migliore. Di soli 18 minuti. Nel caso la fine del mondo sia vicina meglio non farla troppo lunga.

This Place Sucks Ass (che nella sua cover-art vanta nientemeno che il folle, mostruoso e irriverente lavoro di Brandon Lepine, illustratore canadese, che ha sintetizzato in un immagine l’apocalittico “incubo al neon da divano” suonato dalla band), prende il nome da una battuta che i membri della band si dicevano di continuo per scherzo durante i loro lunghi tour: “Letteralmente in qualsiasi città, che fosse Lethbridge, Alberta o New York City, avremmo detto 'Questo posto fa schifo al culo'. Abbiamo così tanta negatività, e a volte diventa così estrema e ridicola, che iniziamo a trovarla divertente”.

Poi però arriva il Covid, si annulla ogni possibilità di tour, ogni tipo di concerto, e tutto inizia a fare schifo per davvero. Quindi perché non condividere tutta quella folle ed estrema negatività con tutti quanti? Da qualunque luogo tu venga, in qualsiasi situazione tu sia, è probabile che faccia schifo, in una percentuale più o meno alta. Magari, come dice lo stesso Stefan Babcock, frontman della band: se tutto è una merda e per adesso non possiamo fare nulla per uscirne, almeno possiamo rendere la cosa migliore standoci dentro insieme.

Il processo di catarsi collettiva non potrebbe iniziare meglio: “Rot” e “Anaphylaxis” sono probabilmente le tracce più frizzanti dell’EP. Umoristiche, autoironiche e cariche di black humor, tanto da essere anche troppo irriverenti per gli animi più delicati. Testi terribilmente cupi e introspettivi (“Rot”) o quasi sconvenienti (“Anaphylaxis”), vestiti a livello sonoro da un punk allegro e spensierato, che tradisce una consapevole e amara tensione repressa ad ogni strofa.

Se “Rot” descrive quanto demoni e pensieri possano lentamente e inesorabilmente mangiarti da dentro, dandoti la sensazione di non poter fuggire anche se cerchi in tutti i modi di combatterli, “Anaphylaxis”, con il suo bel lavoro di batteria che segue il mood della traccia e una sensazione di spensierata e nevrotica paranoia crescente, è invece esattamente quello che si teme: una canzone sull’anafilassi, quella grave e potenzialmente mortale reazione allergica ad un fattore scatenante. Un po’ eccessivo? Forse, ma i PUP ne hanno fatto anche un video con dei personaggi in plastilina, realizzato e animato da Callum Scott-Dyson, che è difficile non essere morbosamente curiosi di guardare.

L’apocalittico viaggio prosegue con una cover di “A.M. 180” di Grandaddy, di cui i PUP realizzano una versione fedele ma accelerata, che riesce a diventare armoniosamente parte del sound della band, per poi addentrarsi nelle tre tracce scartate da Morbid Stuff: la speranzosa malinconia di “Nothing Changes”, la frustrazione dolce e repressa di “Floodgates” e la disperazione quasi hardcore di “Edmonton”, che non hanno assolutamente nulla da invidiare alle canzoni che furono prescelte, anzi.

Rimane preponderante una delle sensazioni che più caratterizzano il sound dei PUP, quella di sentirsi incastrati: intrappolati in una relazione, in un luogo, nei ricordi che ti tengono sveglio la notte o che non riesci a scordare nemmeno da ubriaco; intrappolati dentro i propri angosciosi pensieri, senza poter fuggire ma trovando solo nuovi modi per poter sopravvivere a tutto, possibilmente morendo di ironia.

Come rispondere ai momenti bui, ad un anno terribile, agli errori e alle esperienze più o meno complicate che ci troviamo a stipare nelle nostre vite? Se tutto fa schifo ed è difficile scegliere tra il caos del mondo e quello nelle nostre teste, cosa possiamo fare? I PUP non hanno alcuna soluzione, ma ti possono assicurare che stanno male pure loro, e che anche se l’attesa affinché le cose migliorino sarà lunga e le parole che hanno scelto saranno sbagliate, possono urlare frustrati anche per te, farti sentire meno solo nelle tue nevrosi e invitarti a cantare con loro. In fondo, a volte, per sentirsi un po’ meglio basta questo.


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