Avevo intervistato i Laguna Bollente nell’estate del 2021 (qui l'intervista) e in quell’occasione mi avevano anticipato che a settembre sarebbe uscito un nuovo EP, dal titolo non ancora definitivo ma che avrebbe potuto chiamarsi Turbo Fallimento 2000. Alla fine non c’è stato nulla di tutto questo e, dopo un consistente giro di live quell’autunno, di Dunia Maccagni ed Elia Fabbro si sono perse le tracce.
Sono tornati quasi di sorpresa nella primavera del 2025, e l’hanno fatto nella loro maniera: un disco intitolato Fanta Sbocco, pubblicato in due tranche come una sorta di vinile virtuale, Lato A e Lato B, e diffuso solamente su YouTube, nella reiterazione di quella modalità Do it yourself già adottata in precedenza, col privilegiare il formato cassetta e con Soundcloud come unica piattaforma su cui pubblicare i propri lavori.
Fanta Sbocco, questo alla fine il titolo prescelto, arriva al termine di una lavorazione travagliata, durata quattro anni, ma il risultato appare positivo e ci consegna un duo ispirato e ben cosciente dei propri mezzi.
“L’immobilismo collettivo dato dalla scissione delle masse – scrivono nel “manifesto” di presentazione del lavoro – si riproponeva ancora dopo cent’anni come la più efficace forma di controllo con, in aggiunta, una nota di base di derealizzazione digitale. La ricerca morbosa di rapido sollievo misto approvazione quantificata superava qualunque possibile sprint. In un sistema di pose bulimiche si propone terrorismo estetico per conato collettivo”.
Rimane dunque intatta la matrice “politica” che caratterizzava i due dischi precedenti, ma a questo giro l’ironia sembra in qualche modo essersi smorzata, a favore di uno stile più astratto ed espressionistico, che tuttavia non stempera affatto il carattere militante della comunicazione, nella consapevolezza dell’importanza della posta in gioco.
Per cui, se è vero che ci sono ancora immagini da irriverenza caustica come “Mammuccari io ti pesto a sangue fuori dalla Coop”, è altrettanto palese che la maggior parte della scrittura in questi nuovi testi si mantiene su un livello criptico, muovendosi per analogie ed associazioni di idee che non permettono di capire quasi mai di che cosa si stia trattando (“Sale quanto basta/l’amour toujour/Mangiami la faccia/Ho l’emozione in tasca/Vizi e ricette settimana stanca” da “Glitter”; oppure: “I cosmonauti e primitivi/Ed i molteplici pensieri/fatti di ruggine e vivi/Da lande desolate/che non so bene neanche dove cazzo stanno” da “Delle regole”).
In “Radio R” musicano una celebre poesia di Montale, in “Delle regole” dissacrano il mito dei poeti maledetti dicendo che “danno il senso di briciole ai piccioni”, mentre in “Sette mediatiche” giocano con la solita dialettica tra l’impegno politico, anche rivoluzionario, e la pigrizia edonistica (e si citano anche Le luci della centrale elettrica de “La lotta armata al bar”).
Non è chiaro se la battaglia contro il neoliberismo e la morte cerebrale del consumatore possa essere vinta: loro stessi si dichiarano possibilisti, ma ascoltando i pezzi, quel che si intuisce è piuttosto un senso di straniamento da cui è difficile liberarsi, come emerge bene in “Una stazione, un’astrazione, un jet”, con la dittatura degli oggetti che sembra aver rimpiazzato lo scontro tra differenti visioni del mondo della Guerra fredda.
Resta una battaglia da combattere con le armi che conoscono bene: una batteria elettronica che spinge in cassa dritta, chitarra, basso e sintetizzatori a creare un muro di suono che cita spesso l’universo Post Punk in tutte le sue molteplici declinazioni; la voce di Dunia, che gioca col contrasto tra il suo timbro quasi infantile e le sparate caustiche e brutali dei testi, a questo giro molto più dentro al mix del solito (c’è un brano, la veloce e roboante “Mi vorranno spremere” che è invece cantato da Elia).
Il tutto corredato dalla solita produzione Lo Fi che caratterizzava già le precedenti uscite (non è un caso che nei credits ci sia scritto “registrazioni nostre presso dove si poteva”) e che, per quanto possa stridere con una contingenza storica in cui i suoni nitidi, puliti e patinati sembrano essere divenuti normalità assoluta, appare l’unico vestito adatto a valorizzare canzoni che a loro modo appaiono come orgogliosi scarti dalla civiltà dei consumi.
Alla fine, l’unico modo per poter combattere la mediocrità musicale imperante, con le produzioni in serie asservite alla logica degli algoritmi, è probabilmente compiere un’autentica scelta anticommerciale: dire quello che si vuole dire e dirlo come lo si vuole dire, senza edulcorare la musica o i testi, utilizzando riferimenti retro e senza minimamente strizzare l’occhio al ritornello facile (e infatti, i dieci brani che compongono Fanta Sbocco appaiono ancora meno diretti dei precedenti, dove pure ogni tanto provavano a buttare lì qualche hook accattivante).
Probabilmente non vinceranno, ma sapere che stanno a poco a poco guadagnando una fan base non oceanica ma parecchio affezionata, non è certo un risultato da sottovalutare.
La libertà creativa, di fronte ad un mercato che vorrebbe gli artisti il più possibile allineati. Fosse anche solo per questo, i Laguna Bollente vanno supportati in modo incondizionato.