Sarà capitato anche voi, anche senza avere una musica in testa, di arrivare con troppo anticipo ad un appuntamento. Sai, quando sbagli proprio i tempi e ti ritrovi peraltro in un sabato pomeriggio assolato di settembre, immerso nella metafisica di un quartiere che sembra uscito fuori da un quadro di Giorgio de Chirico. Quindi, dopo una lunga passeggiata in solitudine, è l’ora giusta per entrare nell’imponente spazio de “La Nuvola”, un parallelepipedo aereo e spaziale, vetro e acciaio, dove da fuori si intravede una nuvola, una navicella multiforme che galleggia nell’aria.
Due stage, uno sospeso sul dehor con un dj set perlopiù house, dall’apertura fin oltre la mezzanotte, l’altro per i live nella pancia della struttura, dove si srotola una sala immensa che accoglie il pubblico con atmosfere surreali da ghiaccio secco no stop: vari bar, zone di decompressione e zone food laterali. Insomma un bellissimo spazio concepito dagli organizzatori con il mantra del rendere il tutto confortevole, sicuro, accogliente ed avvolgente. Nella sala diversi display sospesi ed un set di luci scandiscono dal cielo il passare dei vari set musicali con precisione rara e puntualità da cronometristi. Fa davvero piacere constatare tanta cura nel dettaglio dopo aver patito in tanti altri festival (soprattutto in Italia) una cialtroneria che il pubblico non merita. Bravi Spring’s organizers!
Apre il Day 02 Bouganville, band di giovani romani e partenopei con un bel suono e uno standing da veterani. Mica facile a circa trent’anni stare su un palco così prestigioso e strapazzare il pubblico in sfrontata sicurezza. Vero è che c’erano soprattutto molti fan, ma piano piano la sala si è riempita - perlopiù di giovanissimi - per cantare a memoria tutti i testi.
Pop ma non troppo, rock ma non troppo, indie ma non troppo. Un frappè agrodolce di tanti temi relazionali e generazionali, floreali quanto basta per sentire il profumo della gioventù ma anche il retrogusto amaro dei nostri giorni. I testi probabilmente autobiografici & autocitazionisti ma in ogni caso freschissimi e, a mio modesto parere, bravi musicisti.
Tra i vari brani suonati, particolarmente interessante “Lo faccio per te” brano scritto con Coca Puma ed eseguito anche la sera prima in ospitata con l’artista romana. Apprezzato il piglio rock di “Giobbe” e “Ventinove” due singoli di quest’anno. Unico album del 2022 La Grande Evasione e probabilmente saranno in fuga a lungo.
A seguire faccianuvola alias Alessandro Feruda, artista molto giovane amato dai molto giovani, accorsi sempre di più a riempire lo stage principale. Mise en scene subito chiara e coerente con il titolo del primo LP di ques’anno Il dolce ricordo della nostra disperata gioventù: sullo sfondo filmati anni ‘60 di bambini ripresi da mamma e papà con la cinepresa super 8 mm, che la totalità dei fan immagino non sappia cosa sia, nostalgia canaglia appunto.
Grande atmosfera fin da subito con il nostro al centro del palco e due tastiere/sinth a governare musica e voce. Non sfugge una parola ai presenti e non disdegnano neanche una soft dance che candidamente ma anche malinconicamente libera grandi emozioni. La calda e morbida protezione dei nonni, quell’abbraccio amniotico che anestetizza il malessere, la poetica di faccianuvola trasmette ciò ed è perfettamente leggibile anche da noi adulti maturi. Love love love.
La voce di Alessandro gioca con timbri diversi grazie ad una elettronica di nuova tendenza e ricca di sfumature, anche ritmiche. Tra i brani più riusciti nel live “portami a ballare a primavera” diventato un inno del festival vista la palese attitudine con i rispettivi headline (Spring Attitude, ndr).
Tocca agli Altin Gün ("Giorno D’oro" in Turco) band di origine turca con base in Olanda, una bombetta di rock psichedelico a ribadire che lo Spring Attitude ha e vuole una connotazione internazionale, con nulla da invidiare, in futuro, al Primavera Sound di Barcellona. L'atmosfera è ormai rovente e si percepisce una certa eccitazione, la sala ora è veramente strapiena. Con educazione e fermezza raggiungo le prime posizioni subito prima del pit e attendo l’inizio degli Altin Gün, che partono etnici e soft, ma già dal secondo pezzo iniziano a sparare il loro sound rock folk psichedelico dettato da una Baglama o Dombra elettrificata e con diversi effetti.
Tradizione e modernità nello stesso istante con grandissimo coinvolgimento di tutti. Formazione con basso, batteria minimal, chitarra rock, tastiera e set di percussioni suonata dal baffuto Chris Bruining che strappa diversi applausi ad ogni assolo. Tantissime contaminazioni nella loro musica e non potrebbe essere così vista la formazione cosmopolita del quintetto, tanti bei suoni e tanti cambi di ritmo, mai qualcosa di banale.
Quattro album all’attivo dal 2018 ed una nomination ai Grammy. Gli Altin Gün sono: Erdinç Ecevit (vocals and keyboards), Thijs Elzinga (guitar), Jasper Verhulst (bass), Daniel Smienk (drums), Chris Bruining (percussion).
Sempre con puntualità esemplare si approda ad uno dei momenti più alti della seconda giornata del Festival ed atteso da molti: La Niña, al secolo Carola Moccia from Naples. La fortuna vuole che abbia avuto l’opportunità di averla già vista a luglio scorso a Bagnoli presso l’ex base NATO, area più utile per i concerti, a quanto pare.
Dea Madre ancestrale che propizia crescita ed abbondanza, La Niña, attraverso la tradizione rinnova quanto di più prezioso un essere umano possiede: la libertà, la dignità, la forza, la natura, il diritto a lottare. Rivendicazioni a suon di tammurriata, nacchere e di voci, bellissime, che incorniciano ogni espressione dell’ultima fatica musicale: Furèsta.
Carola ringrazia sempre i suoi compagni d’avventura, sottolineando, a Bagnoli come a Roma, che senza le sue compagne di viaggio (+ Alfredo Maddaluno compositore, produttore e paroliere) tutto ciò non sarebbe possibile. La magia funziona quando la stregoneria è ben congegnata e lei sa bene che l’ensamble performa grazie ad una bella chimica tra tutti i componenti.
Voci strepitose, tutte, contrappuntistiche a tratti, per incantare e ammaliare, come le sirene di Ulisse. All’ex base NATO, sventolavano bandiere della Palestina, a Roma no, ma dal palco è arrivato l’augurio di Moccia al successo della Flotilla e in un tripudio generale si è levato dal pubblico un grande coro “Palestina libera” di rara intensità. Grande abbraccio finale con pubblico entusiasta.
Marco Castello, appuntamento quasi fisso dello Spring, arriva dopo tanta intensità emotiva a intrattenere una gran folla di fedelissimi col suo cantautorato originale dal sound vivace e di sapore r&b. Siculo di nascita con formazione professionale milanese/berlinese, Castello esordisce sul palco con alle spalle il brand della sua etichetta indipendente “Megghiu Suli” da leggere, come suo stile, con ironia e quindi interpretabile come “meglio soli” o “il miglior sole”.
Un’ artista caparbio che senza “santi in paradiso” sta scalando le cime più impervie del music biz, risalendo l'Etna che non è propriamente il suo luogo di nascita ma rappresenta bene l’impresa in atto. Suonati gran parte dei suoi due album Contenta tu e Pezzi della sera. “Felini” singolo recentissimo in collaborazione con Venerus celebra i nostri cari felini domestici ed è così tenero identificarsi che mi commuovo in un attimo.
Il concerto scorre a meravigghia e pubblico si diverte alla follia. Il volume forse è un pochino alto e non rende giustizia alle tante sfumature che la super band con tre fiati, due chitarre, una tastiera e sezione ritmica esprime con stile e vivacità.
L’Impératrice. Potrei fermarmi qui ma risulterebbe minimalista, criptico e non sarebbe comprensibile per chi non c’era. E allora voglio dire che è stato più di un’ora di assoluto godimento dei sensi a 360 gradi. La band parigina di disco music suonata live è un portento e scuote, agita e dimena il pubblico da poco dopo la mezzanotte all’1.30. Quando la fatica sembra prevalere, loro hanno l’elisir per risvegliare i corpi e frustarli con un sound letteralmente spaziale. La lead vocal balza sul palco come una pantera dopo un breve intro strumentale: body nero ed una verve felina da zoo di Berlino.
La nu-disco band francese sottolinea il forte legame con i cugini transalpini curato dal Festival negli anni e la scelta di proporli a notte inoltrata è una vera chicca. Tre album all’attivo ed un singolo del 2025 “Entropia” che probabilmente traccia una nuova via. Si balla come non ci fosse un domani, groove avvolgente e suono impeccabile.
Nota al margine, anche la partenopea Fabia Martone (tra i tanti voce con Nu Genea) ha collaborato nel 2024 con L’Impératrice registrando Danza Marilù.
Scorgo una t-shirt degli Air tra il pubblico, o la Francia si manifesta lanciando segnali paranormali o all’1.30, dopo 6 ore di musica, è semplicemente la stanchezza.
Finisce la super performance nu-disco e siamo stremati. Non c’è carburante per andare avanti con la serata: i Planet Opal e Ellen Allien fino alle 04.00 del mattino. Dispiace molto ma andiamo a reidratarci, felici e contenti di aver dato tutto nella mischia, da bravi rugbisti old.
Risaliamo la scalinata del festival lentamente, parlando della bella sensazione che questo Festival ci lascia dentro, con 18.000 presenze, un pubblico delizioso, educato e rispettoso, delle libertà di tutti, degli spazi, della fila ai cessi e alla cassa, insomma una bella primavera di settembre di cui già percepiamo il domani profumato.
Le fotografie della serata, a cura di Matteo Nasi
Bouganville
Faccianuvola
Altin Gun
La Nina
Marco Castello
L'Imperatrice
Spring Attitude
Per la gallery completa: https://www.flickr.com/photos/91482916@N06/albums/72177720329015470