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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
06/07/2025
Live Report
Viagra Boys, 05/07/2025, Flowers Festival, Collegno (TO)
Siamo andati a sentire i Viagra Boys nella loro unica data italiana, al bellissimo Flowers Festival di Collegno. Accompagnati in apertura dai sempre ottimi Tre Allegri Ragazzi Morti, la band svedese non fa che conquistare nuovamente anche i cuori di chi è già stato convertito. A voi il report della serata.

A pensarci bene, i Viagra Boys sono una delle band preferite di Loudd. Conti alla mano, li abbiamo seguiti dal vivo ogni volta che sono venuti a suonare in Italia, senza contare le regolari recensioni dei loro lavori in studio. Insomma, tra Loudd e i VB c’è un certo feeling, scoppiato in piena pandemia all’indomani della visione – una vera e propria epifania – del video di “Research Chemicals”; aggiungeteci che il loro concerto ai Magazzini Generali del dicembre 2021 è stato il primo che abbiamo visto post pandemia senza le restrizioni del protocollo Covid – tra parentesi, un concerto devastante –, e potete capire l’affetto che nutriamo per il combo svedese.

Non potevamo quindi mancare alla data che i Viagra Boys hanno tenuto al Flowers Festival a Collegno, nel Parco della Certosa, una splendida location a pochi chilometri da Torino. Uno spazio ampio, vivibilissimo, che in questa stagione ha già ospitato diversi artisti, come Afterhours, Brunori Sas, Guè, Bandabardò, Franco 126, Eugenio di Via Gioia e Willie Peyote, che con i prossimi live di Baustelle, Offlaga Disco Pax, Tananai e Fabri Fibra vanno a comporre un calendario davvero di prima qualità, con proposte per tutti i gusti. Per noi che veniamo da Milano, che ha gravi lacune quando si parla di musica dal vivo d’estate, schiacciata com’è dal gigantismo dei vari San Siro e Ippodromo, senza una vera alternativa al Magnolia (non ci esprimiamo sull’orrido Carroponte della nuova gestione), è una vera e propria boccata d’aria fresca vedere una location così, con un palco e un audio come si deve, una visibilità perfetta e prezzi ragionevoli nei vari stand di food & beverage.

Arriviamo in loco troppo tardi per poter assistere a tutta l’esibizione dei Circus Punk, un duo brianzolo chitarra-batteria. Abbiamo però modo di ascoltare l’ultima parte del loro set, caratterizzato da una proposta senza fronzoli e votata alla pura energia. Insomma, garage rock fatto come si deve e che merita senza dubbio di essere approfondito con ulteriori ascolti.

 

Dopo un velocissimo cambio palco, alle 21:15 arrivano i Tre Allegri Ragazzi Morti. La band pordenonese non ha bisogno di presentazioni, forte com’è di oltre trent’anni di storia. Ed è proprio della prosecuzione del tour del trentennale, iniziato la scorsa estate, che fa parte questa data di Collegno. I quattro (Davide Toffolo, Enrico Molteni e Luca Masseroni, affiancati come al solito da Andrea Maglia) iniziano subito senza indugi con “Mai come voi”, la loro canzone manifesto, snocciolando in circa 70 minuti una sorta di greatest hits della loro carriera. Ecco quindi succedersi senza soluzione di continuità pezzi storici come “Occhi bassi”, “Il principe in bicicletta”, “Quasi adatti”, ripescaggi come “Abito al limite”, gioielli come “Puoi dirlo a tutti”, “Alle anime perse” e “La mia vita senza te”, e successi come “Il mondo prima”, quest’ultima cantata assieme a Marcella De Gregoriis (graditissima sorpresa!), che aveva accompagnato i TARM nel periodo de La seconda rivoluzione sessuale. Dall’ultimo, ottimo, Garage Pordenone, solo “La sola concreta realtà”, scelta comprensibile visto il contesto festivaliero. Dopo una breve pausa e il consueto show di Toffolo prima dei bis, la band friulana sciorina altri classici come “Ogni adolescenza” e “Mio fratellino ha scoperto il rock ‘n’ roll”, prima di concludere con la recente cover dei Punkreas “La canzone del bosco”, cantata ancora assieme a Marcella, e la consueta “La tatuata bella”. Non c’è niente da fare, dal vivo i Tre Allegri Ragazzi Morti sono sempre una garanzia e con un repertorio così, in un certo senso è fin troppo facile portare a casa un concerto riuscitissimo.

 

Dopo una pausa di circa una ventina di minuti, alle 22:45 salgono sul palco gli headliner della serata. Eravamo curiosi di vederli dal vivo all’indomani della pubblicazione dell’ultimo ottimo Viagr Aboys, primo album pubblicato con la propria etichetta Shrimptech Enterprises. Era un concerto che attendavamo con un certo interesse, sia vista l’attenzione dedicata su queste pagine alla band svedese sia per capire come i nuovi pezzi si sarebbero integrati nello spettacolo dei sei. Rispetto infatti ai loro lavori precedenti, Viagr Aboys è un disco più normalizzato, incentrato più sulla forma canzone e meno incline alla sperimentazione sonora che caratterizzava lavori come Welfare Jazz e Cave World.

La risposta arriva subito con l’opener “Man Made of Meat”, traccia che ha il compito di aprire anche il nuovo album. La band è rodatissima e in perfetta forma, e si intuisce subito l’impegno nel cercare di offrire al pubblico un concerto che tenti di tenere insieme la devastazione degli esordi con l’attenzione di riproporre il più fedelmente possibile le canzoni. Ecco quindi che nei pezzi nuovi vediamo Oskar Carls impegnato maggiormente alla chitarra più che al sassofono, mentre Sebastian Murphy, al netto del suo consueto show nello show, offre una prova vocale di livello altissimo, dimostrando di essere il miglior frontman post punk in circolazione.

Il resto della band è la solita macchina da guerra, con la sezione ritmica, composta da Henrik Höckert al basso e Tor Sjödén alla batteria, impegnata a snocciolare un tappeto discomusic sotto steroidi, con il chitarrista Linus Hillborg che si prende i suoi spazi tra riff schiacciasassi e assoli al limite del noise, e con il tastierista Elias Jungqvist attento a offrire degli inserti di elettronica.

L’impressione che abbiamo avuto è che questa nuova versione della band – che mette insieme l’irruenza dei Jesus Lizard e lo sperimentalismo dei primissimi Roxy Music – si sia posta come obiettivo l’offrire al pubblico uno show il più strutturato e continuo possibile rispetto alla devastazione situazionista dei tour precedenti. Ovviamente Murphy ha sciorinato tutto il suo repertorio, tra richieste di droga alle prime file (con scarsi esiti), balletti, accarezzamenti del ventre e strizzate di capezzoli, ma lo abbiamo trovato più lucido e consapevole, in un certo senso più sereno e risolto, intento a godersi il concerto molto di più rispetto al passato.

E questo è un bene per lo spettacolo, permettendo ai Viagra Boys di dispiegare una scaletta pressocché perfetta, tra classici e pezzi nuovi. Tra questi ultimi spiccano i singoli “The Bog Body” e “Uno II”, ma anche “You N33d Me”, “Waterboy” e “Dirty Boyz” hanno una resa perfetta, per non parlare di un pezzo introspettivo come “Medicine for Horses”, che si rivela uno degli highlights della serata. A conti fatti i brani dal nuovo disco saranno nove su 11, giusto per far capire quanto i sei svedesi credano nel loro ultimo lavoro.

 

Il resto della scaletta sono grandi classici ormai immancabili in ogni concerto dei Viagra Boys che si rispetti, con “Sports” (che Sebastian provocatoriamente introduce così: «Magari la conoscete grazie a X Factor, qualche motherfucker ce l’ha rubata e noi ce la riprendiamo!», e non capiamo se si riferisca agli incolpevoli Mutonia, che l’hanno suonata, o a Manuel Agnelli, che gliel’aveva assegnata), “Ain’t Nice”, “Ain’t No Thief” e “Punk Rock Loser” a fare la parte del leone. Non mancano anche inni come “Troglodyte” e pezzi dall’esordio Street Worms come “Down in the Basement”, oltra ovviamente all’immancabile “Research Chemicals”, che come di consueto si trasforma in una jam devastante di oltre un quarto d’ora, permettendo agli altri componenti della band di prendersi il loro spazio, con Elias che si lancia in uno stage diving forsennato e Oskar che suona il sassofono in mezzo al pubblico.

Il concerto, anche visto l’orario, che ha sforato abbondantemente la mezzanotte, sembra finito qui (e già così sarebbe eccellente), ma a sorpresa i Viagra Boys tornano per un paio di altri pezzi e chiudono con “Worms”, con il pubblico a scandire il ritornello: «The same worms that eat me will someday eat you too». Un finale perfetto, che ci ricorda la caducità della vita lasciandoci però con il sorriso sulle labbra – l’essenza stessa della musica ben fatta.