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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
10/09/2025
Le interviste di Loudd
Viaggio tra le etichette fonografiche italiane: Cassis Records
Alla moda della letteratura del Settecento, Loudd arriva alla seconda puntata della rubrica di interviste come resoconto di viaggio tra le etichette fonografiche italiane. Nella seconda tappa incontriamo Cassis Records, un contenitore di musica strumentale di artisti italiani che odora di Mediterraneo.

Alla moda della letteratura del Settecento, Loudd arriva alla seconda puntata di questa rubrica, un resoconto di viaggio tra le etichette fonografiche italiane.

Privilegiamo l’aggettivo fonografico che meglio permette di individuare i possibili medium con la quale la musica viene attualmente veicolata, rispetto al limitato termine discografico, oramai desueto, a dispetto dei nostalgici di una immaginifica età dell’oro stante l’assoluta predominanza della musica liquida, che permette una fruizione a “bassa intensità”, ma in teoria quasi onnisciente dello scibile musicale attuale.

La domanda che ci ha spinto ad intraprendere questo viaggio è antica: cui prodest; a chi giova dedicare tempo e denaro per produzioni che rimarranno il più delle volte limitate ad una platea di ascolto di nicchia? Ai di volta in volta intervistati l’ardua sentenza.

Dopo l'incontro con la Four Flies Records (qui la prima puntata), il viaggio ora ci porta alla Cassis Records.

 

Negli ultimi mesi ho avuto modo di “inter-agire” con Matteo Cantaluppi in diverse modalità: indirettamente, quale deus ex machina della Cassis Records che ha prodotto l’ultimo album di Angelo Trabace (recensione qui), e direttamente quale musicista, relativamente all’ultima raccolta ambient titolata Inequal (recensione qui).

Matteo, nelle sue diverse vesti (di producer, musicista, titolare di una etichetta discografica) è in primo luogo un appassionato di musica; quindi, tra una chiacchera ed un’altra mi è venuto spontaneo chiedergli una intervista. Gli esiti potrete leggerli qui di seguito.

 

***


Ciao Matteo, iniziamo subito col toglierci una curiosità: perché l’etichetta discografica si chiama Cassis Records? C’è qualche aneddoto sotto, oppure è venuto semplicemente così?

Si chiama Cassis Records senza un vero motivo musicale dietro. Volevamo creare un legame con la mediterraneità: Cassis è un contenitore di musica strumentale di artisti italiani, anche se il nome si riferisce a una località del sud della Francia. Proprio questa piccola contraddizione ci piaceva: un paese affacciato sul Mediterraneo, con i vigneti e un clima quasi da “California europea”. Inoltre Cassis richiama il colore azzurro, che è il mio preferito. Insomma, ci sembrava un mix interessante, e poi “Cassis” suona bene come nome. Non c’è quindi un motivo preciso, ma piuttosto una connessione con l’idea di Mediterraneo e con qualcosa di piacevole.

 

Parlaci un attimo di te e delle tue varie esperienze nel campo musicale.

Lavoro professionalmente nella musica da circa 25 anni, ma tutto nasce da una grande passione come ascoltatore. Ancora oggi sono molto curioso: cerco dischi su diverse piattaforme, da Bandcamp ai servizi di streaming in alta risoluzione, compro tanto vinile… sono un grande appassionato, e questa cosa fortunatamente non mi ha mai abbandonato.

Parallelamente, ho cercato di trasformare questa passione in una professione che mi permettesse di continuare ad alimentare quella curiosità. Il mio lavoro principale è quello di produttore di canzoni: ho uno studio di registrazione a Milano che uso come base. Negli ultimi anni, però, mi sono anche dedicato alla ricerca di artisti italiani che facessero musica diversa, interessante, a prescindere da quello che può pensare il grande pubblico.

Un altro filo importante è la connessione con l’audiovisivo (cinema, documentari) che è un’altra mia grande passione. In fondo, il tratto comune tra tutte le cose che faccio resta sempre lo stesso: la curiosità. È quello che ancora oggi mi dà un certo brivido.

Inoltre, da quasi vent’anni insegno all’università tenendo corsi di produzione musicale. È un’attività che trovo molto stimolante perché mi permette di confrontarmi con le nuove generazioni, che spesso mi sorprendono con il loro approccio fresco e originale.

Sono anche compositore: scrivo canzoni, ma porto avanti anche progetti a mio nome o legati al mio nome nel campo della musica sperimentale. Questa dimensione mi offre una libertà assoluta: lavoro soprattutto su musica strumentale, dentro circuiti molto di nicchia, senza grandi limiti creativi.

Infine, non bisogna dimenticare che Cassis, oltre a essere un’etichetta, è anche un editore. L’anno scorso abbiamo vinto il Premio Tenco come miglior disco in dialetto con Assamanù di Setak e quest’anno il disco di Luca Romagnoli (cantante della band Management) è entrato nella cinquina: sono progetti di cui siamo molto orgogliosi. Il nostro catalogo comprende sia canzoni che musica strumentale di vario tipo, spesso sperimentale, a cui siamo molto legati.

 

Da dove nasce l’esigenza, la volontà, la sfrontatezza di fondare un’etichetta discografica?

Cassis è nata dall’idea di uno di noi tre fondatori: Fausto Caviglia, Ilaria Prigione e io. In particolare, è stata Ilaria a proporre di creare un contenitore per una musica che spesso nessuno vuole pubblicare o che, nella maggior parte dei casi, viene autoprodotta dagli stessi artisti. L’idea era quella di dare spazio alla musica italiana strumentale – anche se qua e là ci sono accenni di voce, non è quello il centro del progetto. Ad esempio, nel disco di Angelo Trabace la voce è trattata quasi come uno strumento musicale, non come elemento portante.

L’Italia ha un’enorme ricchezza di realtà di questo tipo, diffuse su tutto il territorio, e ci incuriosiva molto esplorarle e valorizzarle. Del resto, di etichette che pubblicano canzoni pop o hip hop ce ne sono già tante: non ci interessava entrare in quel calderone, che spesso richiede uno sforzo più politico che musicale per riuscire a emergere.

Con Cassis volevamo fare qualcosa di completamente diverso rispetto ai meccanismi della produzione pop con cui, come produttore, ho già a che fare tutti i giorni. Qui invece si tratta di un progetto più libero, più musicale, e secondo me anche più interessante. Certo, parliamo di un pubblico di nicchia, ma non solo: alcuni tipi di musica strumentale possono toccare corde profonde anche in persone che di solito ascoltano tutt’altro. Ed è proprio questo il cuore dell’etichetta.

 

A chi si rivolge Cassis Records?

Io credo che, in Italia come nel resto del mondo, ci sia sempre più voglia di assistere a piccoli concerti, a situazioni più umane in cui la musica e il suono siano davvero al centro. In alternativa a un panorama dominato dalla musica computerizzata o addirittura generata dall’intelligenza artificiale, e al mainstream in generale, penso che servano spazi in cui potersi rifugiare, senza velleità rivoluzionarie: semplicemente perché ce n’è bisogno.

Cassis si rivolge quindi a chi desidera, ogni tanto, entrare in una piccola “bolla” musicale. Per quanto certe nostre uscite possano sembrare insolite o di nicchia, c’è sempre un filo di melodia (che è un tratto molto italiano) e un’atmosfera che può arrivare a tanti. Per esempio, abbiamo pubblicato la colonna sonora Dario Argento, Panico, composta da Alessandro Baldessari: un lavoro molto atmosferico ma anche melodico, come lo sono spesso le colonne sonore, e quindi potenzialmente accessibile a tutti.

Un altro esempio è Abbash di Angelo Trabace, che ha avuto un’ottima accoglienza, soprattutto dal vivo. È proprio l’aspetto live quello che mi interessa di più: vedere come reagisce il pubblico, e devo dire che reagisce molto bene. Lo stesso vale per H(ost) di Marco Scipione, un album quasi interamente costruito intorno al sassofono, che dal vivo riesce a coinvolgere un pubblico molto più trasversale di quanto si possa immaginare.

Insomma, non ci rivolgiamo solo agli appassionati di musica sperimentale: vogliamo che la nostra proposta possa aprirsi anche ad altre persone, senza però scendere a compromessi facili. Non credo sia necessario: la musica, se sincera, arriva comunque.

 

Cosa bolle nella pentola di Cassis Records?

Ci sono tantissime cose che stiamo preparando per i prossimi dodici mesi e di cui siamo molto orgogliosi. Innanzitutto, stiamo ultimando un documentario dedicato alla figura dell’artista britannico Robert Wyatt, a cui lavoriamo da parecchio tempo. Avrà come protagonisti Angelo Trabace, Setak e me, ed è un progetto a cui teniamo moltissimo.

Parallelamente, ci sono diversi artisti nuovi entrati nel roster e i loro album usciranno nei prossimi mesi. Posso già citare Giacomo Zorzi, Giuseppe Franchellucci, Andrea Faccioli e la band The Washing Planck, solo per fare qualche nome.

A livello editoriale continuiamo a lavorare intensamente e, grazie a Fausto Caviglia (che è regista oltre che socio di Cassis) siamo anche coinvolti nella coproduzione di una serie di documentari.

Infine, c’è anche il mio progetto personale: Inequal, l’album uscito a luglio e recensito anche da te recentemente, che il 17 ottobre porterò dal vivo alla Triennale di Milano, nello spazio “Voce”. Sarà una versione speciale e spaziale, diversa da quella del disco.

 


LINK:

Bandcamp: https://cassisrecords.bandcamp.com 
Sito: https://cassispublishing.com