Li avevamo visti in azione in un piccolo showcase all'Apollo, poco prima dell'uscita del nuovo disco e della partecipazione ai grandi festival estivi (qui il live report di quella serata), ma adesso che The Clearing è stato pubblicato, per i Wolf Alice è tempo di un tour vero e proprio.
La scelta dell'Alcatraz come venue per la data italiana, e il fatto che il locale non fosse sold out, ha un po' spento le illusioni che avrebbero voluto il quartetto londinese (anche se poi dal vivo sono in cinque) in piena corsa verso la dimensione più mainstream della popolarità: il nuovo album, da un certo punto di vista, poteva lasciar presagire una svolta in tal senso, ma è anche vero che tra orchestrazioni, ballate anni '70 e soluzioni melodiche a tratti sofisticate, non siamo esattamente dalle parti di una ricetta per un successo facile e veloce.
I numeri su Spotify, ammesso che un dato del genere possa essere preso per buono come indicazione di status, sono in effetti alti ma non al livello di una band che potrebbe aspirare a platee ben più ampie.
I Florence Road che aprono la serata milanese vengono dall'Irlanda e sono già ad un livello più che discreto di popolarità, se si considera che al momento hanno all'attivo solo un EP, Fall Back, per giunta uscito a settembre. In precedenza, però, c'è stata una larga attività su TikTok, un singolo prodotto da Dan Nigro, nonché l'endorsement di Olivia Rodrigo, che li ha pure voluti con lei in tour. Tutto questo ha portato alla firma con la Warner, un contratto prestigioso arrivato quando avevano da poco terminato le scuole superiori.
A vederle, Lily Aron, Emma Brandon, Ailbhe Barry e Hannah Kelly colpiscono per la loro giovane età e per una certa aria di timidezza che l'essere improvvisamente catapultate al centro dello showbiz sembra avere accentuato. Suonano per una quarantina di minuti, proponendo tutti i brani dell'EP, il nuovissimo singolo “Miss” (caratterizzato da una struttura variegata e da alcuni interessanti cambi di atmosfera) e una manciata di inediti che al primo ascolto sembrano ottimi e non fanno altro che aumentare le aspettative per il tanto atteso full length di debutto (al momento non è ancora stata annunciata una data di uscita).
Sul palco sono ancora un po' ingessate, nonostante la cantante e chitarrista Lily Aron abbia un'attitudine simpatica e faccia di tutto per coinvolgere il pubblico. La prestazione è comunque buona, con le esplosioni chitarristiche che caratterizzano alcuni brani gestite a dovere ed una sapiente delicatezza nei momenti più acustici. Il repertorio ce l'hanno già, ed è pure parecchio potente, con “Break the Girl”, “Heavy” e “Tonight” che sono già hit conclamate.
Musicalmente si muovono su un terreno diverso e più radiofonico, rispetto a connazionali al momento sulla cresta dell'onda come NewDad e Sprints. Il loro è un rock alternativo che affonda pesantemente negli anni '90 e che non disdegna ritornelli ammiccanti e soluzioni di facile presa. Il pubblico milanese risulta immediatamente conquistato e tra singalong e battimani la partecipazione è notevole.
Se le prossime uscite saranno all'altezza di quanto già pubblicato (e dalle anticipazioni di stasera parrebbe che sarà così) ne sentiremo parlare parecchio.
Lo sfondo di lustrini argentati che decora il palco degli headliner Wolf Alice e da cui Ellie Roswell fa il suo ingresso per inaugurare lo show, dice molto di un mood che vuole essere differente rispetto al passato. Lo si vede anche dall'apertura, affidata ad un trittico di brani provenienti da The Clearing: “Thorns”, “Bloom Baby Bloom” e la magnetica ed ondeggiante “White Horses”, il pezzo che segna il momento in cui, nella mia percezione, il concerto è realmente decollato, grazie ad un ottimo lavoro di chitarre e sezione ritmica.
In generale, comunque, i pezzi nuovi sono più leggeri e soffusi, le tastiere di Ryan Malcolm costituiscono spesso l'elemento principale, mentre atmosfere cinematografiche e un certo feeling anni '70 aleggiano in più di un'occasione. Una svolta che sa più di rottura che di continuità, così che quando parte “Formidable Cool”, con la sua deflagrazione elettrica nel finale, sembra quasi che sul palco ci siano due band che si alternano. Del resto titoli come “Just Two Girls” e “Leaning Against the Wall” sono davvero troppo eleganti e raffinati per convivere senza contrasto con episodi della prima ora come “Bros” o “You're a Germ” (graditissimo ripescaggio) in cui i nostri picchiano duro come se fossero ancora la band degli esordi, in bilico tra Shoegaze e Rock alternativo.
Niente di male, dopotutto, perché la prestazione è ottima, con una line up che nel tempo ha saputo crescere esponenzialmente e che ormai si cerca e si trova a memoria, Ellie Roswell, voce eccezionale, sempre più in palla come frontwoman, il chitarrista Joff Odie lineare ma efficace, e un'accoppiata basso/batteria (Theo Ellis, che è anche un gran mattatore, e Joel Amey) che è un'autentica forza della natura e che sa caricare di dinamiche anche i brani meno movimentati.
Dal vivo, dunque, i Wolf Alice sono ormai una certezza e fanno un concerto bellissimo e straordinariamente godibile; una certa sensazione di discontinuità è tuttavia difficile togliersela di dosso, e probabilmente il gruppo si trova ad un bivio del proprio cammino artistico, in cui decidere quale direzione intraprendere influenzerà di molto gli spettacoli che vedremo in futuro.
Al momento possiamo comunque dire che i pezzi nuovi ci piacciono decisamente di più in sede live, soprattutto ballate come “Safe in the World” e “Play It Out” ne escono alquanto rivitalizzate, ma anche una traccia più elaborata e d'atmosfera come “Bread Butter Tea Sugar” assume tutta un'altra veste.
Inutile però dire che la parte migliore arriva alla fine, quando i ritmi si alzano e ci si immerge totalmente nel repertorio più elettrico ed abrasivo: “Yuk Foo” e “Play the Greatest Hits”, suonate una dietro l'altra, scatenano il pubblico, con “Silk” subito a ruota che vede saltare tutti all'unisono. Poi ancora “Giant Peach” ed una “Smile” magniloquente, prima dei bis con la ballata pianistica “Last Man on Earth” e la solita “Don't Delete the Kisses” a chiudere, chitarre ruvide e ritmi Urban ad incendiare ancora una volta l'atmosfera.
Al momento il salto ai palazzetti appare rimandato (per lo meno in Italia, all'estero stanno già suonando in venue molto più capienti), ma anche se The Clearing risulta per certi versi inferiore ai suoi predecessori, rimane un disco coerente e strutturato, da parte di una band che deve mettere due o tre cose a posto ma che sta dimostrando sempre di più di avere talento da vendere, soprattutto nei concerti.

