Il Pasolini di Ferrara non è un film saggio, non è il mezzo adatto per conoscere a fondo il pilastro di cultura che è stato Pier Paolo Pasolini, è un film da leggere come gesto affettuoso, sentito, da parte di un autore che con tutta probabilità sente forte qualche connessione, qualche vicinanza, qualche affinità soprattutto verso l'uomo che è stato Pasolini.
“In me, come in moltissime altre persone, convivono degli opposti. Per me la libertà inizia dal conoscersi”. (R. J. Aarden)
Ospiti straordinari e un pugno di canzoni leggendarie per omaggiare, con passione, il grande chitarrista dei Mountain, Leslie West.
Fosse stato per i Joyce Manor, “40 oz. to Fresno” non sarebbe neanche esistito. Poi Barry Johnston si è ritrovato chiuso in casa e non ha trovato niente di meglio da fare che scrivere canzoni. Il risultato è uno dei migliori album della band.
Un concerto bellissimo, di un livello che raramente abbiamo modo di vedere da artisti italiani. Marta Del Grandi è senza dubbio una delle realtà più valide in circolazione nel nostro paese, oltre che una delle pochissime a proporre un genere che spazia dal Jazz al Chamber Pop.
Malcolm & Marie è un ottimo film della pandemia che ci riporta a quel momento senza mai nominarlo e senza catapultarci all'interno delle dinamiche più deprimenti di una delle nostre più nere pagine recenti.
Al terzo tentativo, l'ex One Direction azzecca un disco fascinoso, moderno, eppure incredibilmente retrò, e dall'impianto melodico irresistibile.
Un concept album dedicato al Club dei 27, in cui teutonici Brunhilde dispiegano tutto il loro armamentario heavy punk, tra momenti riusciti e altri un pò prevedibili.
Chiunque sia innamorato della musica cantautorale italiana ha incrociato, anche inconsapevolmente, Gian Piero Alloisio: istrionico e geniale artista che ha legato il suo nome a Francesco Guccini, Claudio Lolli, Ombretta Colli e Giorgio Gaber, senza dimenticare Fabrizio De André. Solo alcuni fra i tanti che hanno accompagnato la carriera di un uomo speciale, capace di guardare avanti senza dimenticare ciò che era veramente e che ora ha contribuito a scoprire autori di grande successo come Federica Abbate, Emanuele Dabbono e Alessandro La Cava o artisti come Willie Peyote. Oggi è l’occasione per fare un excursus storico di un personaggio che, parafrasando Faber, si è costantemente mosso “in direzione ostinata e contraria”. E i fatti, a lungo andare, gli hanno dato ragione.
Alla sua quinta prova solista, Xavier Amin Dphrepaulezz, aka Fantastic Negrito, rilascia il suo disco più spiazzante e sperimentale, rileggendo la tradizione attraverso intuizioni bizzarre, complesse, incredibilmente fascinose.
È un bel noir Galveston: un romanzo breve che si legge in poco tempo, linguaggio diretto, non troppo ricercato, con una prosa capace di lasciare qua e là frasi che colpiscono nel segno. Pizzolatto delinea personaggi molto sofferenti, un po' come quelli della sua serie tv, True Detective, che nel romanzo sono meno complessi e stratificati, ma egualmente avvincenti.
Trainato dal singolo Pumped Up Kicks, l'esordio dei Foster The People, nel 2011, scala le classifiche americane grazie a un mix irresistibile di pop, elettronica e melodia
Nonostante il connubio con Zavattini alla sceneggiatura con il quale De Sica aveva siglato praticamente tutti i successi, Stazione Termini rimane un episodio poco sapido nella filmografia del regista.
La storia di Don'y You (Forget About Me), una hit che i Simple Minds non volevano registrare e grazie alla quale conquistarono il mercato americano.
Drive my car di Ryusuke Hamaguchi è senza dubbio uno dei migliori esiti del cinema asiatico e una delle opere più recenti e meritorie, fresca della vittoria dell'Oscar come miglior film internazionale.
Senza troppi giri di parole, questo è oggi uno dei live migliori che si possano vedere nel nostro paese, almeno parlando di artisti dell’ultima generazione: se il livello a cui è giunto Venerus è per il momento inarrivabile, lei si assesta giusto un gradino sotto.
Un gran bel disco, scritto bene, ma che si esplica nella sua semplice bontà solo dopo qualche ascolto.
Un disco ruvido di rock'n'roll vintage di derivazione (prevalentemente) stonesiana, che segna il ritorno sulle scene dei britannici Reef, dopo quattro anni di assenza.
The tender bar è uno di quei film capaci a fine visione di farti sentire bene, appagato, potrebbe in effetti rientrare in quella categoria oggi nota proprio come feel good movies.
Lorde ha scelto la modalità meno scontata per ripresentarsi sulle scene e, per quanto si è visto, ha vinto alla grande la scommessa. Forse ha davvero ragione lei: forse quello che conta non è raggiungere quanta più gente possibile, ma rimanere fedele alla propria identità e portare avanti un progetto artistico in cui si creda veramente.
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